Cinque libri per cui mi sono detto: “vorrei lavorare in mezzo ai libri”
- Pastorale americana, Philip Roth
La storia è un po’ assurda, ed è legata a una storia dei miei anni universitari. Il mio percorso a giurisprudenza è stato, dopo un avvio che faceva ben sperare, un po’ accidentato (per dirla bene). Presi il muro vagando sulle pagina di economia politica, materia di cui tuttora ignoro il senso, e dopo aver dato l’esame una volta di troppo, tornai a casa – in quel periodo vivevo “ospite” da mia nonna – e saltellando sul letto la commossi al punto che – per la prima volta nella mia vita – ricevetti un premio per meriti di studio: 50.000 lire (era, appunto, qualche anno fa, ed era un premio importante).
Mi rigirai la banconota tra le mani, e decisi che l’avrei usata tutta in libreria. Una giornata intera tra librerie e bancarelle e a sera non m’ero ancora deciso a scegliere quale libro meritava l’investimento. Alle sette e mezzo di sera, un po’ sconsolato, entrai in una cartolibreria e lì lo vidi, il Supercorallo appena uscito di Pastorale americana, con quella foto in copertina… Dopo essere stato tre giorni di fila a pancia in giù sul letto a leggere, decisi che non avrei voluto più scendere.
- Una storia semplice, Leonardo Sciascia
La carrellata di aneddoti passa da Palermo, dove sfacciato come solo a vent’anni si può essere, mi presentai a casa della signora Sciascia (allora, vicina di pianerottolo di mia zia – ho zii e cugini anche a Palermo!). Fu così gentile che non mi lasciò sulla porta ma mi offrì tè e storie di suo marito e dopo avermi mostrato persino lo studio e la biblioteca dove lavorava, mi mise tra le mani una copia di questo suo libro, augurandomi buona fortuna.
- Trilogia della città di K., Agota Kristof
Erano gli stessi anni di Pastorale Americana, e scoprii che era molto, molto, molto, più importante della trilogia di diritto commerciale.
- Una questione privata, Beppe Fenoglio
Dopo averlo letto, avrei voluto tappezzare la mia stanza con tutte le pagine, fronte e retro. Ma avevo una fidanzata, allora, che non sarebbe stata troppo d’accordo. Lei era un po’ Fulvia, io – per fortuna – sono rimasto (o almeno spero) un un po’ Milton. I libri di Fenoglio li tengo tutti da parte, edizione anastatica de La malora, nei Gettoni, compresa – e non solo per la storia della bandella di Vittorini che ha fatto scuola.
- Tropico del Cancro, Henry Miller
Ci sono arrivato partendo da Kerouac, ed è stato uno degli approdi più felici del mio viaggio da lettore. Leggere come scriveva fu una specie di rivoluzione. E non mi stanco mai di rileggerlo, come non mi stanco di rileggere Il gattopardo. Ma questa è un’altra storia.
Quando non so dove fermarmi un po’, torno spesso a Big Sur. Forse ha anche a che fare con la storia che Miller buttò e riscrisse il romanzo come lo conosciamo dopo aver letto Céline. Continuo a pensare che sia uno dei gesti più significativi della storia della letteratura.
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