– Che fai stasera?
– Salvo cinquemila link su Pocket che poi tanto non leggerò.— Valentina Aversano (@SignorinaLave) 14 marzo 2019
Sono in un periodo in cui cerco in tutti i modi di produrre meno rifiuti e di non accumulare roba inutile. Ieri sera mi è venuto in mente di estendere questo proposito anche alla mia vita digitale: ho iniziato da Pocket, una delle mie applicazioni preferite.
Ogni link interessante che trovo in giro lo salvo lì, dicendomi lo apro dopo, ma in realtà non ci riesco mai: ogni giorno tra social e newsletter ci sono sempre nuove cose da salvare e troppo poco tempo per leggere tutti gli arretrati.
Quei quintali di link che so già che non aprirò mi fanno sentire frustratissima e ieri sera, scorrendo per l’ennesima volta la lista infinita di cose che non ho ancora letto, ho deciso di cambiare metodo.
Poi ho pensato una cosa scema: per la mia infinita guerra contro l’accumulo di link che poi non aprirò, ho deciso di postare qui le cose che vorrei salvare, così prima devo leggerle. Devo diventare la Marie Kondo del mio Pocket, basta.
— Valentina Aversano (@SignorinaLave) 20 marzo 2019
Contro l’accumulo di link che non leggo mai: la mia strategia
Innanzitutto ho iniziato a cancellare un sacco di roba che non mi interessa più: il sollievo è stato istantaneo.
Poi ho deciso di condividere solo cose che leggo: così mi costringo a selezionare e a dedicare la mia attenzione solo ai contenuti che voglio approfondire davvero, senza tenerli in sospeso per millenni.
Il resto via, cancellato, ignorato, ciao: il primo passo è accettare di non poter dedicare tempo e che salvare link sarà diventato anche un riflesso automatico, ma accumulare senza aprire mi sa di lista di cose da fare, come se la lettura fosse un dovere e non un piacere.
Come ultimo passaggio della mia guerra contro i link mai aperti, ho pensato di raccogliere anche qui quello che leggo e condivido, per metabolizzare e commentare e tenere una sorta di diario delle cose che mi interessano, da riguardare tra qualche anno per scoprire come sarò cambiata nel tempo.
In fondo le cose che ci piacciono e quelle che ci colpiscono raccontano moltissimo di noi, più delle parole che usiamo per descriverci.
Cose da salvare
- The Crisis of Intimacy in the Age of Digital Connectivity: una bellissima riflessione di Stephen Marche su come sta cambiando la nostra idea di intimità al tempo dei social media, un ragionamento in qualche modo affine a La società della performance che ho letto tempo fa:
Everybody knows that technology has changed us, on our most intimate levels. Nobody really wants to face the specifics of how. Technologists have a blind spot when it comes to their effects on intimacy. Since you can’t quantify it, what does it matter? The great analysts of human intimacy are equally blind when it comes to registering the subtle interruptions of the machines. Alice Munro’s short stories, widely considered the most intimate portraits of domestic life in the period between the 1970s and the 2010s (smack dab in the middle of the grand technological disruption), never mention a computer. It seems too silly, too negligible, a distraction from the real business of intimate life, which is family and sex. And there is another problem: if you mentioned a smartphone in a short story about intimate life, the subject of that story would be the smartphone. The technology would swallow all other meaning in fiction just as it does in real life.
- Do Not Disturb: How I Ditched My Phone and Unbroke My Brain: Kevin Roose racconta come ha provato a disintossicarsi dalla dipendenza da smartphone, facendosi aiutare da una coach, “the Marie Kondo of brains”. Io uso già Forest, ma mi servirebbe proprio cambiare atteggiamento, come in questo passaggio:
Mostly, I became aware of how profoundly uncomfortable I am with stillness. For years, I’ve used my phone every time I’ve had a spare moment in an elevator or a boring meeting. I listen to podcasts and write emails on the subway. I watch YouTube videos while folding laundry. I even use an app to pretend to meditate.
If I was going to repair my brain, I needed to practice doing nothing. So during my morning walk to the office, I looked up at the buildings around me, spotting architectural details I’d never noticed before. On the subway, I kept my phone in my pocket and people-watched — noticing the nattily dressed man in the yellow hat, the teens eating hot Takis and laughing, the kid with Velcro shoes. When a friend ran late for our lunch, I sat still and stared out the window instead of checking Twitter.
E poi:
- le voci dei bambini che recensiscono i libri che hanno amato di più: c’è anche il mio preferito di sempre, Ascolta il mio cuore di Bianca Pitzorno
(Questo esperimento sarà come cercare di svuotare il mare con un bicchiere? Forse.)
(Foto: dylan nolte via Unsplash)
5 Commenti
Alice
21 Marzo 2019 at 22:41Forse, ma è un mare in cui è bellissimo sguazzare. E tu sarai la prima Marie Kondo del Pocket: altro che piegare maglioni, qui c’è più bisogno di una coach che ci aiuti ad alleggerire il peso digitale! ;)
valentina aversano
29 Marzo 2019 at 19:59Ma grazie! Marie Kondo del Pocket: mi farò una maglietta. :)
Carlotta
2 Aprile 2019 at 15:19La tua strategia per eliminare gli accumuli di polv… ehm link, mi sembra ottima. Lo faccio anch’io.
valentina aversano
3 Aprile 2019 at 09:14Poi dimmi come ti trovi. :)
Come scrivere con regolarità - Gynepraio
5 Giugno 2019 at 04:01[…] L’ideale è secondo me sottoporre questi link a una pulizia periodica. Come segnalava infatti Valentina Aversano in questo post, il rischio è solo quello di accumularne centinaia e non usarli mai per il vero scopo, cioè […]