Menu
Consigli

Cose di Carola s01e03

un piccolo televisore appoggiato su un campo pieno di sterpaglie. Sullo sfondo c'è il cielo con le nuvole

Torna la nostra critica cinematografico-televisiva preferita. In questa puntata: due documentari e due serie tv. Hai perso gli episodi precedenti? Recuperali qui.

di Carola Moscatelli

White Hot, Netflix

La locandina del documentario White Hot: la famosa shopper di Abercrombie & Fitch che ritrae il petto nudo di un modello
La locandina di White Hot. L’ascesa e la caduta di Abercrombie & Fitch

Vi capita mai di sentirvi in imbarazzo per i voi stessi di qualche anno fa? È un sentimento che si prova alle riunioni di famiglia, alle rimpatriate coi compagni di scuola e con la funzione “ricordi” di Facebook. Il documentario di Netflix White Hot fa la stessa cosa con un marchio di abbigliamento che è stato iconico per un periodo e che poi ha mostrato la sua struttura, fatta di esclusione e razzismo, più o meno sistemico.

Abercrombie e Fitch era la marca di abbigliamento dei ragazzi cool degli anni Novanta. Un brand aspirazionale come quelli di lusso: uno sviluppo taglie molto limitato, commessi bellissimi, tutti bianchi, tutti WASP, campagne pubblicitarie concettuali e esattamente come i marchi aspirazionali era escludente: solo che se il lusso la sua selezione la fa soprattutto sul potere di acquisto, Abercrombie e Fitch, che era un marchio da centro commerciale, escludeva tutto quello che non era fico secondo la visione del suo amministratore delegato Mike Jeffries.

In 22 anni in azienda Jeffries crea questo mix perfetto della moda americana, composto dal sex appeal di Calvin Klein (quindi un sacco di maschi nudi, o comunque poco vestiti, che vengono fotografati da Bruce Weber. Iconiche in questo senso le shopper per gli acquisti che hanno stampata sopra una foto di un modello dal fisico scultoreo ritratto dal collo alle chiappe, con addosso solo dei boxer) e dal look da confraternita da università costosa di Ralph Lauren. Non c’era posto per persone asiatiche, nere, musulmane (specie per le femmine che si ostinano a portare il velo, quelle scostumate) e grasse.

Il documentario ci racconta di come ci è cambiata la sensibilità sotto gli occhi e di quanto quello che ci sembrava normale, di fatto, non lo era.

The Dropout, Disney+

La locandina della serie tv The Dropout: un primo piano dell'attrice Amanda Seyfriend che tiene in mano una piccola fialetta con del sangue
Amanda Seyfried è la protagonista di The Dropout

Le scene migliori di The Dropout sono i dialoghi tra Elisabeth Holmes e la sua nemesi, la dottoressa Phyllis Gardner. Gardner, che ha subito capito che Theranos e la sua ideatrice erano una sòla clamorosa, nella serie fa le funzioni di un corifeo delle tragedie greche, spiega le cose a chi guarda e in un paio di battute ci dice cosa sia la scienza, e quali sarebbero stati i problemi per le donne CEO di una startup dopo il fallimento dell’impresa di Holmes.

Io non pensavo che mi sarei mai interessata alla storia di una che voleva rivoluzionare le analisi del sangue (e ammetto che a metà della seconda puntata mi sono fatta un sonno di quelli comatosi) e invece questa serie me la sono bevuta nonostante la lunghezza degli episodi.

Racconta, attraverso la storia di una persona che ha decisamente problemi di aderenza al reale, di passaggi generazionali di capitale ma non solo. Una generazione di uomini anziani si è ritrovata a non essere più quella che faceva le regole e si è lasciata affascinare da questi giovani visionari, sperando di continuare a prosperare anche con le nuove regole e piuttosto che ammettere di aver sbagliato e tornare sui suoi passi ha preferito perdere (gli investimenti ma non solo, perché poi si va nello spoiler pesante).

Only Murders in the Building, Disney+

La locandina della serie tv Only Murders in the Building: i tre protagonisti Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez ritratti mentre fanno capolino da una porta
Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez nella locandina di Only Muders in the Building

Una volta mi è capitato di accompagnare una persona alla polizia per un allontanamento volontario di un parente. Il poliziotto col quale parlammo disse chiaramente “Ve dovete affida’ a Chi l’ha visto, so’ più bravi de noi pe’ ‘ste cose”. La fascinazione per i fatti di cronaca fa sì che le forze dell’ordine, nel nostro paese, abbiano diversi milioni di aspiranti detective che fanno riaprire cold case e aiutano a risolverli. È un fenomeno talmente diffuso che la persona dal grande intuito che fa indagini parallele a quelle della polizia è diventato un espediente narrativo di numerosi gialli.

Only Murders in the Building fa parte di questo filone e lo attualizza: la squadra investigativa che cerca di risolvere una serie di gialli che avvengono in un lussuoso condominio di Manhattan è composta da tre appassionati di cronaca nera che non potrebbero essere più diversi per età e carattere, che non si limitano alle indagini alternative ma decidono di produrre un loro podcast, rilasciando le puntate man mano che avanzano con le indagini, coi problemi di produzione che si intrecciano con la risoluzione dell’omicidio.

Io fossi in voi non la perderei, soprattutto se vi piacciono le atmosfere da Misterioso omicidio a Manhattan – Woody Allen non viene mai citato direttamente ma è la maggiore ispirazione della storia – ma anche solo per la parte di mistero che regge bene fino all’ultima puntata della prima stagione (la seconda è uscita a giugno). Poi è anche molto divertente, ma potrei non essere obiettiva perché sono sempre una ragazza degli anni 90 fan di Martin e Short dai tempi dei Tre amigos.

I crimini di Jimmy Savile, Netflix

La locandina del documentario su Jimmy Saville ritrae una medaglia spezzata con la scritta "Jim fixed it for me"
La locandina del documentario su Jimmy Savile

Ci ho messo quasi una settimana per vedere I crimini di Jimmy Savile, un documentario in due puntate (due puntate piuttosto lunghe e dense) che trovate su Netflix. Ci ho messo tanto tempo perché non racconta solo la storia di una persona (e dei crimini sessuali che questa persona ha commesso) ma perché è la storia di un paese. Perché attraverso questa figura stranissima e difficilmente comprensibile fuori del Regno Unito (un minatore che diventa deejay, poi personaggio televisivo, amicone della signora Thatcher e consigliere informale per la comunicazione del Principe di Galles) si cerca di spiegare come funziona un paese dove l’ascensore sociale è funzionantissimo – o almeno lo era – e come un disturbante personaggio televisivo diventa un simbolo nazionale grazie alle sue raccolte fondi per ospedali e queste due cose gli permettono di agire indisturbato la sua natura di predatore sessuale.

I crimini sessuali di Savile (400 denunce, azioni iniziate nel 1955 e terminate poco prima della sua morte, a quasi 85 anni) erano compiute ai danni di minori svantaggiati, bambini malati (che incontrava nel suo volontariato da portantino in un ospedale di Leeds e nelle strutture per cui chiedeva i fondi) erano come una vignetta del corvo parlante della Settimana enigmistica, nascosti in piena luce. Nessuno si è accorto, nessuno ha capito, perché tutti erano affascinati da questo personaggio istrionico, dal suo sigaro, dalla sua sicurezza. Non si indugia nelle sofferenze delle vittime, tanto che la prima la incontriamo a metà della seconda puntata.

Secondo me può aiutare a spiegare, soprattutto la parte che racconta quello che è successo dopo la morte di Savile, come funziona la gestione del trauma. 400 e passa persone non hanno fatto una causa (non c’è stato modo di farla, per certi versi la polizia è stata connivente), non hanno chiesto un risarcimento. Hanno solo deciso di parlare della loro versione dei fatti, perché almeno la santificazione che Savile ha avuto in vita non continuasse anche dopo la sua morte.

Titoli di coda

Carola Moscatelli è nata l’ultimo fine settimana degli anni 70 e il primo film che ha visto al cinema è stato Flashdance. Le piacciono i libri, le piante, i gatti e le scarpe e parlare delle cose che ama in ogni mezzo. Ha conosciuto Valentina perché incuriosita dai tre fatti e in capo a sei mesi già stavano facendo le prove per la conquista del mondo. Strategie Prenestine le ha fatto conoscere molte persone, leggere molti libri, bere molta birra e venire a sapere che ha la Luna in Toro.

(Immagine di copertina: Pablo García SaldañaUnsplash)

0 Commenti

    Lascia un commento

    Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.