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Cose di Carola S01e07

una scena del film saint omer: una delle due protagoniste è seduta tra i banchi del pubblico in un tribunale, insieme ad altre persone

Altro giro, altri film da recuperare recensiti dalla nostra critica preferita, Carola Moscatelli. Se avete perso le puntate precedenti, eccole qui.

di Carola Moscatelli

Saint Omer

le due attrici protagoniste di Saint Omer

Saint Omer è un film bellissimo. Ho messo subito le mani avanti perché è un prodotto davvero complesso che è fatto di problemi, identità e situazioni che si intrecciano.

Intanto le due storie che sono alla base del racconto: una donna con un legame particolare con la sua famiglia di origine che assiste al processo in cui un’altra donna è accusata di infanticidio. La prima è un’intellettuale, nera, perfetto frutto dell’integrazione francese, la seconda anche. La differenza tra le due è che una è caduta e il processo ricostruisce la sua storia.

È un impianto simile a quello usato da Carrère per L’avversario (non l’avete letto? Leggetelo), solo che mentre Carrère fa un lavoro molto cerebrale e particolare, Alice Diop sviluppa il racconto facendo della storia di Laurence Coly un racconto universale sul femminile e sulle sue specifiche (la maternità, scelta, temuta, affrontata, sfuggita) ma anche su cosa significhi integrazione (due donne nere e intellettuali, due donne che parlano un francese perfetto, senza accento, due donne che lavorano una su Marguerite Duras e l’altra su Wittgenstein e non su “qualcuno di più vicino alla loro cultura” come viene suggerito a un certo punto della storia) e sulle radici. Perché la cultura materna dell’imputata del processo viene usata per provare a spiegare il delitto. Rama e Laurence sono uguali e per scivolare basta una scelta sbagliata.

L’impianto visivo è molto statico, praticamente si vede quasi solo l’aula del tribunale in cui si sta svolgendo il processo, e questo rende il racconto ancora più asciutto e claustrofobico.

Se potete vedetelo non doppiato, anche se non siete francofoni, perché la lingua e la scelta delle parole sono i veri terzi protagonisti, a partire dal gioco di parole del titolo (Saint Omer è il posto in cui si svolge il processo ma ha anche un’assonanza sia con la parola madre che con la parola mare, che è l’arma dell’infanticidio).

White Noise

il cast di White Noise in una foto di scena

Nella mia mente l’adattamento cinematografico ideale di un romanzo è quello che ha fatto Visconti con Il Gattopardo: qualcosa di molto fedele al libro, di cui vengono sacrificate alcune parti, con una grossa impronta stilistica del regista. Poi, alcune opere si prestano bene, per costruzione, senso logico, trama, e altre decisamente no.

Tutto questo preambolo per dire che ho visto Rumore Bianco e mi è piaciuto TANTISSIMO. Ho avuto una fase DeLillo nella mia vita, diciamo tra i 25 e i 28, Rumore Bianco l’ho letto immediatamente prima di Underworld, mi piacque tantissimo ma purtroppo per alcune cose li sovrapponevo.

Comunque, fossi una regista io (e meno male che non lo sono) col cavolo che mi sarebbe venuto in mente di lavorare su una storia così tratta da un libro così: intanto perché la parte visuale è complicata, dato che ci sono molti personaggi insieme in parecchie scene di gruppo in cui letteralmente si parlano addosso uno con l’altro, e trovare degli attori bravi per fare questo e riuscirli a dirigere non deve essere semplicissimo. E poi c’è un un disastro naturale e la sua ricostruzione poteva essere la parte più posticcia di tutta l’operazione (ma meno male che avevamo il trauma da Covid fresco-perché per certi versi la ricostruzione della parte comunicativa sembrava presa dai DPCM del Conte II nella primavera del 2020 – e meno male che Baumbach è seguace di René Ferretti e sa che l’opzione “lo dimo” è riuscita solo nella Bambina e il Capitano).

Per il resto, forse è il primo prodotto audiovisivo che vedo da una decina di anni a questa parte in cui gli anni ’80 non sono raccontati come il momento in cui eravamo davvero felici e non lo sapevamo, ma con la giusta dose di locura e di esasperazione che gli erano propri, Adam Driver è bono pure con la panza e se lo vedete su Netflix non skippate i titoli di coda perché c’è una specie di citazione del video di Imitation of Life dei REM, girato in un supermercato, con una canzona originale degli LCD Sound System.

Il corsetto dell’imperatrice

la protagonista del Corsetto dell'imperatrice mentre impersona Sissy

Una volta una persona mi ha detto che, quando arrivano i 40, le donne hanno lo stesso sconvolgimento ormonale che hanno durante la loro adolescenza. Quindi i comportamenti che possono sembrare strani non sarebbero da imputare a generiche crisi di mezza età o a caratteri di merda (o almeno, non solamente) ma avrebbero una base biologica.

Che cosa voleva dire compiere 40 anni quando eri l’imperatrice d’Austria e vivevi una turbolenza simile a una seconda adolescenza? Ce lo racconta Il corsetto dell’imperatrice. Scordatevi Romi Schneider e la trilogia su Sissi degli anni ’50, questa Elisabetta è più simile a Lady Diana, insofferente dell’etichetta, con disturbi alimentari e un attaccamento fortissimo nei confronti dei figli. Una donna che è rinchiusa in una vita di obblighi e che ha il solo scopo di rimanere bella. Per reagire a questo Sissi scappa, gira per l’Europa per evadere e cercare una salvezza che non trova.

Il film è molto interessante e si inserisce nello stesso filone di Spencer e della Maria Antonietta di Sofia Coppola (grandi strizzate d’occhio postmoderne, con arredi dei palazzi che sembrano quelli di un loft di Nolo, una canzone dei Rolling Stones suonata con l’arpa, sequenze cinematografiche girate con venti anni di anticipo e un trattore che spunta dal nulla e rimane sulla scena).

La cosa che però mi ha fatto pensare di più è che in quel periodo di malessere si stava preparando la rivoluzione psicoanalitica. Chissà che sarebbe stato di Sissi se avesse incontrato Sigmund per tempo.

Titoli di coda

Carola Moscatelli è nata l’ultimo fine settimana degli anni ’70 e il primo film che ha visto al cinema è stato Flashdance. Le piacciono i libri, le piante, i gatti e le scarpe e parlare delle cose che ama in ogni mezzo. Ha conosciuto Valentina perché incuriosita dai tre fatti e in capo a sei mesi già stavano facendo le prove per la conquista del mondo. Strategie Prenestine le ha fatto conoscere molte persone, leggere molti libri, bere molta birra e venire a sapere che ha la luna in Toro.

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